La sera in cui l'infinito venne a bussare alla mia porta

Quella notte il piccolo Ser non poteva dormire,
la sua piccola stanza senza finestre era il simbolo della sua angoscia,
camminava avanti e indietro per la camera, gli occhi fissi nel vuoto,
le mani in tasca, il labbro inferiore stretto dalla morsa nevrotica del canino destro.

La luce fioca contribuiva a rendere l'atmosfera densa di tensione,
e lui soffocato dall'ombra, camminava a piccoli passi, frenetici e perfetti,
come un piccolo giocattolo a molla.

Qualcuno bussò alla porta, Ser si voltò di scatto e poi squadrò la piccola porta scura,
con uno sguardo intriso di panico, bussarono di nuovo e lui quasi di riflesso alzò le mani davanti al petto, come per difendersi da un eventuale attacco.

Si avvicinò poi all'uscio lentamente, diffidente mise l'occhio davanti allo spioncino e guardò fuori.

Quello che vide lo fece pietrificare, una strana piccola luce sostava sospesa a mezz'aria sul pianerottolo,
proprio davanti alla sua porta. Per un attimo credette fosse un'altra delle sue allucinazioni,
ma un terzo colpo secco e metodico lo fece trasalire.

Deglutì e un brivido gli attraversò il corpo. Si allontanò con la testa dalla porta, guardò a terra come in cerca di una risposta, serrò i denti e inizio involontariamente a digrignarli, producendo un sottilissimo rumore che gli fece accapponare la pelle.

Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare la porta della sua camera, la coperta lo copriva fino a sotto il naso ed era accaldato, stavano iniziando a sudargli le gambe. Si mise a sedere sul letto, ripensando allo strano sogno, e a quanto si sentiva turbato. Afferrò la bottiglia di plastica che teneva sul comodino, e strappò un lungo sorso. Fissò il pavimento per qualche secondo, poi si girò e guardò la radiosveglia.
Le tre e tre. Un orario particolare. Importante forse. Ci stava pensando su, fantasticando,
quando il campanello suonò. Per un attimo gli si bloccò il respiro, poi riprese il controllo, buttando fuori anidride carbonica.
Si alzò e il sogno s'insinuò diabolico nei suoi pensieri, l'idea lo turbò, ma non gli impedì di far finta di nulla. Arrivato davanti al portoncino, chiese "Chi è?"
Ma nessuno lo degnò di una risposta.

Guardò dal buco, e decise:
"Ok. sto ancora sognando."

Spense e accese più volte la luce del corridoio che portava all'uscita, per capire se stesse sognando.
Era sveglio, o in alternativa in uno di quei sogni bastardi,
in cui ogni elemento cerca di boicottarti.

Fuori, davanti al portone, c'era un uomo, seduto su di una sedia,
posta praticamente a mezzo metro dall'entrata, che pareva fissarlo.

Aveva un camice bianco stirato e aperto, sotto indossava un maglioncino grigio, anonimo.
La sua espressione era imperturbabile, come quella di un bravo medico che sa di saperla lunga, ma al contempo surreale, assente.

Fu preso da un'irrazionale terrore che sembrava aumentare di minuto in minuto,
Chi era quell'uomo? Cosa voleva? Perchè indossava un camice da dottore e sedeva davanti alla sua porta?
Perchè a quell'ora? e soprattutto perchè proprio dopo quel sogno?
Non era una coincidenza, ma neanche una premonizione.
Era qualcosa di speciale, forse pericoloso, non poteva sottrarsi, ma non era nemmeno sicuro di poter uscirne bene.

Ser non conosceva molta gente, era un solitario, sociofobico, la folla lo atterriva e le persone per lui erano come telecamere perennemente accese e pronte ad analizzare e spiare ogni minimo aspetto del tuo modo di vivere.Era paranoico, forse un pò schizzato, odiava le candele e adorava leggere libri con la copertina viola, che considerava particolarmente pregiati.

Non amava mangiare, ma aveva un debole per il pane integrale.

Non beveva alcolici, ma di tanto in tanto si concedeva una dose di eroina.


Il dottore aspettava intanto, aspettava immobile, come una mummia nel suo sarcofago,
Ser curioso voleva vedere se si fosse mosso per suonare ancora.

Dopo tre secondi esatti il misterioso individuo allungo il braccio destrò per suonare una volta il campanello. Secco e breve.  E poi si ricompose nella sua posa statica.

Ser aggrottò la fronte e iniziò a mangiarsi le unghie della mano destra, rosicchiandole come una pannocchia abbrustolita con un pizzico di sale.

Quella situazione stava mettendo a seria prova la sua follia controllata,
si girò piano e corse in bagno. Davanti allo specchio, fissandosi negli occhi appoggiato al lavandino, sudava a freddo, vomitò.

Dopo poco il campanello trillò ancora. Secco e breve.

Ser contratto urlò "Vattene! che cazzo vuoi da me?!Voglio dormire"

Ma il dottore, continuò a suonare per tutta la notte il campanello, di preciso ogni 7 minuti.
Ogni volta Ser sperò e pregò fino all'ultimo secondo che la tortura fosse terminata. Ma così non era.

Tornò in camera dopo un'ora, si infilò nel letto e pensò che ormai l'alba era alle porte, e che quello stronzo se ne sarebbe tornato da dove era venuto, o al massimo si sarebbe svegliato zuppo di sudore e con un gran male alle mascelle.

Il suono aguzzino continuò, Ser prese l'unica candela che aveva in casa e che odiava come tutte le candele, la accese e si colò nelle orecchie un grosso strato di cera fusa a fungere da tappo.

Sentì come un chiodo ficcarglisi su per i timpani, ma finito il procedimento la tortura era finita.

Si rimise a letto, ma quella dannata immagine non voleva togliersi dalla sua testa, era impressa a colori sotto le sue palpebre e più si rilassava più si ritrovava a guardare fuori da quel maledetto spioncino.

Si rese conto che stava guardando due scene uguali ma diverse, nel buio dell'occhio destro c'era il dottore, nell'altro vide la luce del sogno fatto, ancora sospesa in aria, immobile e dorata.
Il suo cervello non resse la botta e lui sussultò svegliandosi da quella strana trance.

Fortunatamente era già l'alba, rassicurato si addormentò in pochi minuti e sognò di essere un guerriero in uno strano mondo futuristico ma medioevale, combattendo per qualche ora contro orribili gatti enormi con la testa di bradipo e delle affilatissime zanne.


Al risveglio, si era dimenticato della brutta serata. Pensò si fosse trattato di un incubo schizoide dei suoi soliti, così senza farsi troppe domande, si lavò, si vestì, mangiò una banana intinta nell'acqua calda e poi si diresse verso la porta di casa.

Girò la maniglia e aprì la porta.

Sull'uscio il dottore stava ancora aspettando.
Ser lanciò un urlo. L'uomo rimase impassibile.
Anche dopo il pugno che si beccò sul naso per una reazione nervosa.

Ser ritrasse la mano dolorante, era duro il naso di quello stronzo,
e se ne stava lì senza muovere un muscolo facciale.

All'improvvisò però un deciso "CRAC" arrivò dalla testa del dottore,
e una crepa luminosa si aprò dal volto dell'incubesco tizio, si propagò fino al collo, e zigzagando sul suo corpo arrivò all'inguine, dove arrivò al termine.

Un rumore viscido e cartaceo, come di viscere strappate, fu emesso dalla crepa e poi lentamente, il corpo si divise in due parti simmetriche, che caddero ai lati, scivolando come pelle morta.

Il panneggio organico scese e liberò il tesoro che conteneva, una sfera luminosa si librava a mezzo metro da lui sospesa all'altezza di dove si trovava lo stomaco del fu dottore.

Ser aveva gli occhi sbarrati, era confuso, paralizzato, incredulo.

La sfera di luce era immobile, ma sembrava sfrigolare di energia autoprodotta,
Ser tentennò, poi balbettò "Cosa sei?"

La sfera di luce vibrò per un attimo con forza, e nello stesso istante Ser sentì nella sua testa la risposta.


"Sono il tuo dio interiore. Non pregarmi, perseguimi. Non adorarmi, nutrimi. Non avere paura di me, rispettami e risparmiami. Sono quello che fà di te un essere vivo e non sono l'anima. Non sono il tuo ego, ne' il tuo subconscio. Inghiottimi e sii pronto a esplodere e tornare materia astratta. Apri gli occhi per vedere e non per non inciampare. Guarda la strada che illumino, ma non crogiolarti nel tepore. Segui la mia cometa, ma cerca e impara. Giudica solo per avanzare e muori ogni giorno."

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