Ai tempi dell'ai tempi


Sul lungofiume qualcuno continua ad organizzare degli assembramenti di ramoscelli. Li dispone in verticale sulla sabbia, creando dei piccoli mucchietti per far tener su i bastoncini. Alcuni sono soli, altri dei folti gruppetti. Sono di più i singoli e gli elementi sono disposti tra loro a vista d’occhio alla stessa distanza. 

Che sia un bambino? O uno stregone? Poco va a cambiare.
Lo specchio dell’acqua stringe sempre nel frattempo, e mi calo crollando sulla sabbia già cedevole e aggrappata contro la gravità. Mi acquatto sulla sponda, mi lascio scivolare con gli occhi, sento un discendere. Che se ne dica è sempre importante parlare del basso. Si scambia l’altitudine per un valore assoluto. Si dimentica il sostanziale. E non quello fatto dagli imballaggi e dalla produzione.
È tornata una musica, non mi sono famigliare. Questo sentirsi le masse, tastarsi dentro è viscido, ipnotizzante. L’ansia sul relax crea sempre degli strani pattern, crepati, di vetro.
Mi bastano poche gocce per diventare il punto d’Emanazione.
Non mi lascio accatastare. Il mio nido è un pluriball riusato, pieno di chiodi, scotch, resti di disegni strappati.  La mia saliva è colla che uso per unire i pezzi che vedo fluttuare. Allungo le mani come una dea indiana, mi moltiplico. Niente di tutto questo.
Precipitato in un nuovo futuro. Un passato debole, l’intimazione di non muoversi, sarete zanzare. Il colpo per colpo batte sul portone. È il deciso. Io l’Indeciso. Colui che rimane mobile. Stasis che m’ammazza. Predico a me stesso, parlo con me stesso, rotolo in me stesso. Ecco ritornano.
Grandi balle di rovi e ripiene dei vostri pensieri detti e non trattenuti, nell’aria si disperde il veleno. Telematico destino a spore e crocefissi lasciati soli a farsi vedere nudi, impotenti, ridanciani.
La paura attecchisce sulla fame. Lordi di paure ci andiamo a scongiurare per una pancia ripiena fino all’orlo. Staremo bene, ci vogliono lordi, pieni e infartuati. Ci preferiscono invecchiati a vene otturate e cervello modificato. La verità non sta in un centro commerciale. Non sta là né qui. Non sta semplicemente. Essa ruzzola, si dilegua. Si oppone a queste frottole, ai rancori, agli odi virtualmente pubblici e mai così privati.
Il fiume mio unico luogo ora è preda degli amanti della domenica. Basta un sole che si abbassa e la gente fugge. Il coprifuoco è anche nel cielo, se la luce scompare la vita decompone. Stai zitto non fare il loro gioco. Lo pensano tutti ma poi ci cascano, resisterò ancora un po’. Quella mia merda la metto qui. La plasmo un po’ coi gomiti, sterili e la metto in un vaso. Ci metterò un seme d’avocado o quei cocci rotti d’uovo. La paura e la voglia di averla. L’angoscia con la faccia caprina.
Respira, interiorizza, rilascia, mangia, riequilibra. Corro fuori, non si può, meglio, respiro più diossina che posso più diossina che posso. Mi alzo la sciarpa al collo come in Neon, fino a sopra al naso. Non per i nemici ma per i miei polmoni, respiro meno diossina che posso, meno diossina che posso. La molecola di Dio.
L’Acqua sa di Cloro, odora di vapore, mi scompare sul naso.
La vita brulica fuori dalle case come viagra in fiamme per i vecchi.
Le ceneri svolazzano, non si contano più i morti (non è vero).
Non si contano più i vivi siamo troppi.

Non si contano più i commenti, gli articoli di giornale
Non si contano più i
Vis a vis
I niente da perdere
Non si contano più i mali.
I vuoti,
i pieni a rendere.

Mi arrendo non m’arrendo
Un buio a palle vuote che scivola sul cuscino
Fin dall’alba fin dal Fine.

Mi mescolo a questa moltitudine,
siamo tutti coinquilini del Vuoto.

Vuoto vuoto vuoto
Ancora più vuoto.
Le piazze, le stamberghe
I piazzali, i piazzalini
I prati di prezzemolo.

È tutto vuoto e la gente va in gira libera
Carcerata.

Cammino avanti e indietro
C’è la polizia all’ingresso
Di dove vendono
I generi alimentari.
Retrofront
Ce n’è un altro
È piccolo
Piccolo piccolo
E contiene pochi.

Pieno
Mi soffio il naso
Vuoto.

Il posto ancora pieno
Aspetto un attimo
Ti rispondo.

Niente.
Imbocco un’altra strada
Ritiro soldi dal bancomat
Non si sa mai
Mai si sa

Domani le banche potrebbero esplodere
Magari
Potrebbero dirci
Nonnò
No

Facendo no col dito
E con la faccia che ridono.
E noi zitti
Stateacasa
Dicono
Nonnò!

Si sa da uno a tre milioni ci passano i cigni
Ma nonnò
Learachidichehoattaccateallagolaefettedilimoneviprendereiasberlemadichiparlihafattounerroredevepagare
Basta
Non gli si può dare tutto questo spazio.

Che venga l’esercito
A infibularci
A torcerci
E ridestarci come la peste!

Che venga il diavolo, la parsimonia
Che vengano i tempi maturi
Per instaurare un complotto sul tavolo di lavoro.

È tutto chiuso!
Tutto chiuso!
Tranne quello questo e quello là
Però poi quello sta aperto da dietro eh
S’intende.

Quelli del sud vanno a nord
Chi è a nord va a sud
Quelli al centro sono indecisi
Chiudono gli occhi e indicano un punto a caso.

Il mare è grande questo fiume piccolo
Ne faccio un pezzo solo
Mi torna indietro lo schema universale,
la danza dei moscerini.

L’anatra segue sempre in maniera eccezionale
Il germano,
ne ricalca la scia
partendo da un lato

si apre come un cono
non si richiude.

Le radici sporgono
Hanno richiesto il permesso di uscire
Il cemento le ha acchiappate
Dove andate voi
Coglione
Scellerate

Multa!
206 euro e un anno di piscio
Di cane di gatto e di vecchio sbronzo del cazzo
Che non serve più a nulla.

Tornatevene a casa
Al confino
Da dove siete venuti

Sui materassi, sui canotti
Siete di un colore sospetto
Parlate un verso
Che non mi riguarda.

Vi fermo in bicicletta perché mi va
Vi lancio fiotti di parole in gola
Vi prenderà il male e ne uscirete rinati
Sopravvissuti.

Ai tempi del ai tempi del,
mortale richiamo all’Uroboro della Noia,
pappagalli cinici dell’elettronica.

Dalle foto emerge un nuovo caso
Pare un uomo essere morto
E questo
Ricadrà sul Mercato,
sulle Sfingi.

Non ho più gli occhi lucidi per guardare
La notte sogno scrigni

Mi riparo nell’individuo
Resto solo.
Sano.
Serio.

Eccola bellissima brutta tristezza vuota
Mi hai ridato Voce
Sei cascata male
Ti ho raccolto.

Dove stavi?
Ultimamente ho più voglia sana
Di ammazzare tutti
Me escluso

Ma bastano due minuti
Non è vero quindici,
un’ora
per allentare il giogo

li vedo Tutti
piccoli
stressati dal non più stress
e la grande Ebola.

Un elicottero sale
Meno due del solito
L’anziana si guarda attorno
Un missile potrebbe cadere.

Mangiate l’erba campione
Quella piena di nero
Sulle strisce vi tenete per mano
Di fretta non vi guardo.

Via l’uno
Via l’altro
Siamo tutti perfidi
Nel nascosto
Nelle palline più piccole
I divieti.

Siamo tutti possibili
Spugne
Di rabbie
E tenebre discoperte.

Lo sanno bene
Ci danno il pane
L’amore
La vista del colera.

Ci danno i giochi,
i cani
la sicurezza di un obbrobrio da mantenere.

Per quel che concerne
Ho scritto un poema
Su questa cosa
Ma dopo della frase che scrivo non c’è niente.
Non è vero.

.

Corrono tutti corrono velocissimi
Altro che fermarsi
Via via via il veleno

Giù il sudore
Il vecchio si tira su per ben tre volte e dopo schiatta
Via con la bici.

Bimbi grandi panciuti allegri
Sui monopattini che sterzano

-

Solo voi
Silenti anatre-culla
Mi rimanete solo voi
A guardarvi voyeur
E voi un po’ preoccupate

V’affrettate anche voi adesso,
a me esce un amplesso dalla bocca
un sorriso offeso.

Gli sciami ci sono sempre sono un po’ più vivi
I cani vogliono il contatto
I padroni li strozzano
Restano indietro.

I gatti non si vedono
Che cazzo gliene frega.

Il rumore dei pattini,
il mojito.



Da quale inizio di primavera
Avrò preso spunto,?
mi rimangono solo le discoteche fra i rami
i fiori di ciliegio.

Prendo a pugni
Quest’aria marziale
Questo vestitino scollato che mi fa sembrare
Un pachiderma.

Mi tremano le gambe
Mi tremano le viscere

State zitti
Moltiplicate il silenzio

Riannodatevi scioglietevi
State zitti.

Questo silenzio ha potere nelle catene
Io un attacco d’ansia che non si esprime.

Vedo chiaro-scuro-chiaro
Facciamo cambio
Comunquesemprevogliadiscopare
Di fare il vezzeggiativo delle cene
Me le mangio tutte.

Me le mangio e resto
Questo luogo sembra più fermo
La percezione è distante
Quale sarà il costo.

Solo il costo
Il castrato
La menzogna mi balugina nel mento
Mi chiude i denti.

Tremate dicono
Rilassatevi dicono
Io faccio questo dicono
Io io io
Tanti io
Troppi io
Ancora e ancora

Menzogne in sovrapposizione
E squallidissime sfilate di onestà.
Non mi prendi per il culo

Troppi che
Pochi che
Cazzo
Cazzo
Cazzo

Malessere indotto
Ce l’hanno fatta
Non è vero.


Per cena mangio la coerenza
C’è un po’ di musica fina
Devo pisciare
È finita la poesia.




Commenti

Post più popolari