KREN

Dall'alto del tavolo,
osservo narcotizzato,
briciole e salsa di rafano,
c'è odore di chiuso.

Gomiti a sostegno,
di una spina dorsale,
stanca e fragile,
che scricchiola, ogni tanto.

Aspiro un sottile filo di fumo neve,
occhi socchiusi,
ispirazione assente.

Ciclica,
 malinconia biblica.

Mi fisso riflesso,
nello specchio,
osservo e chiedo:
"permesso".


C'è puzza di fumo,
entro nei portali che si aprono,
fame.

Ho bisogno di stimoli,
ho bisogno di aria,
ho bisogno di armonia.

A volte non la capisco l'arte,
la agisco,
la sono,
ma non la accetto.

Mi viene il mal di mare,
a parlare delle insicurezze più tremanti.

Della caducità,
della malattia,
dei possibili sentieri.

Chiudo le palpebre,
mi giro di lato,
sento il mio interno.

Il mio momento di ceramica,
intarsiato di perle di follia elettrostatica.

Luci a intermittenza,
come suoni sgozzati,
fuori al buio a esplorare i peccati.

vago con le pupille.

come sto?
sono in cerca o sto appassito?

prendo il barattolo,
Kren,
piccante,
una cucchiaiata.

una fucilata al cervello,

come il wasabi.



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