La silenziosa guerra

Mi acquatto, in uno sterrato,
in apnea con il fucile in mano.
Ingoio terra e respiro polvere,
le mani adunche gelate, aggrappate alla mia arma.

Le mie palpebre totalmente aperte,
scattano sui mitra, come bocche di piranha,
digrigno i denti, impastando il chewing gum.

Le punte dei piedi rivolte leggermente all'interno,
cercano una stabilità estrema come per prepararsi,
per il momento.

Il momento in cui un proiettile mi sfonderà lo sterno,
o il cervello, o mi amputerà una mano.

Proiettato sulla schiena, sarò una fontana,
di succo di morte, e linfa di vita.

Aspetto le nuvole che mi copriranno gli occhi,
levigheranno la mia vista e potrò affacciarmi sulla luce,
o su eterni specchi che riflettono questo mentre.

Forse sono un soldato,
un guerriero con un'arma,
il cui grilletto è troppo difficile da tirare.

Così scatto, in trincea,
evito piogge di piombo,
le nuove frecce.

Mi muovo male,
ma percepisco tanto,
alzo la testa e miro verso l'orizzonte.

Una nube nera mi punta,
sparo due colpi in cielo per spaventarla,
esco dal riparo e corro, sono allo scoperto,
sfreccio, calpestando pietre e sabbia,
tengo lo sguardo basso e l'elmetto stretto.

Corro, ansimando automatico,
il cuore martella la gran cassa toracica,
un rivolo di sudore mi entra in un occhio,
non mi fermo.

Sparo altri quattro colpi in aria,
l'adrenalina mi pervade,
alzo lo sguardo ed urlo.

URLO, fino a sentire la trachea infiammata,
urlo, ma davanti a me si stende il deserto.

Urlo, ma nessuno alza lo sguardo,
solo le nuvole, cariche di ombra.





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