RAME

È una tenaglia,
una domanda, 
un vaso senza una pianta.
La terra è zuppa,
troppo annaffiata,
una coccinella arranca e scivola sul bordo.

Ho fame,
così divoro,
e le cose finiscono.
Conati di tristezza,
strozzati,
l’energia impossibile.

Guardo fotografie,
mi chiedo:
“dove ero?”.

Il velluto mi soffoca la pelle,
sudo sintetico,
l’aria è arida,
la sete cronica.

Allora penso al manto d’erba,
e la mia faccia schiacciata sul mondo,
immerso nell’inaspettato,
uno strano sogno.


Le ossa addormentate,
il giradischi dei miei nervi,
sfrega producendo ansia in eccesso.

Guardo il tessuto,
fluttua in alto,
gli atomi vestono l’invisibile,
contemplazione.

Sì,
contemplazione,
le espressioni,
musicali.

Un ciuffo rame,
un profilo,
l’immobilità dei sensi.

Intercetto,
chiedo,
sorrido.

Secondi completi,
necessità torbide,
l’odore.

Secondi troppo lunghi,
secondi dimezzati,
secondi interrotti,
secondi strazianti.

Secondi perfetti,
secondi di paura,
secondi,
che il tempo, cresce a seconda,

dei secondi.

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